109) La voglia di imparare, di preservare la qualità della vita e l′equilibrio psicofisico; la consapevolezza che ogni problema ha una soluzione, fosse pure attraverso l′ammissione che ciò che non ha soluzione non costituisce un problema; il desiderio di apprendere e la disponibilità a farsi contagiare da nuovi paradigmi, del tutto ignoti e addirittura estranei; la vocazione ad acquisire nuove conoscenze, non tanto per colmare un vuoto interiore, quanto per adattarsi psicologicamente a un mondo in perenne trasformazione (essenzialmente tecnologica), circostanza che si ripercuote a livello antropologico in un analogo, incessante bisogno di cambiamento cognitivo e mentale; il rifiuto di rimanere indietro, di sentirsi tagliati fuori; il bisogno di percepirsi all′altezza delle situazioni e delle prestazioni correlate alle funzioni e alle responsabilità che vengono di volta in volta ricoperte, - tutto questo richiede un atteggiamento propositivo, duttile, aperto, anche alla disconferma o alla messa in discussione; una disponibilità a rinascere e a ridefinirsi, senza per questo smarrire l′identità, che in quanto tale è un work in progress interminabile. Un atteggiamento, quello appena delineato, funzionale al modello del capitalismo high-tech, governato appunto dalla rivoluzione permanente dei saperi e delle conoscenze, votato all′innovazione tecnologica e alla globalizzazione della produzione, programmato per la conseguente modificazione di abitudini, modi di pensare, ruoli tradizionali.
110) La staticità annoia, il cambiamento disorienta; l′alternanza di staticità e cambiamento è difficile da realizzare, in ogni caso costa fatica e comporta un atteggiamento molto duttile, una sicurezza talmente assoluta e incondizionata, da essere disposta anche al rischio dell′instabilità. Ciò che emerge del passato, che non è stato inghiottito nell′oblio, viene vissuto con nostalgia e si aggira nella memoria sublimato da un′aura, che lo trasfigura - rispetto alla modalità in cui era stato vissuto - in qualcosa di suggestivo. E il futuro, quando non è il risultato di un progetto intenzionalmente deliberato, si annuncia in virtù dello svolgimento apparentemente senza sbalzi di un presente, che riproduce il trascorrere sempre uguale dei giorni e delle ore. Il sogno dell′umanità è consistito nel fermare il tempo o, viceversa, nell′accelerare il suo corso. Il mondo è stato abitato per millenni da popoli senza storia, spazzati via quando sono entrati in contatto con la civiltà e la cultura di popolazioni proiettate sul cambiamento e sul divenire. Da considerare inoltre che il divenire ha sempre un traguardo davanti a sé, in cui cessa di essere quello che è e diventa qualcosa d′altro oppure svanisce nel nulla. Alla luce del destino del tempo storico, quello di tramontare, dissolversi e di rigenerarsi, è lecito porsi la domanda relativa al senso di rimanere ancorati alle tradizioni, in un perpetuo presente che riproduce un passato già vissuto, oppure affidarsi a un divenire, proiettato in un futuro indefinito, che ha reciso le radici con il passato. La differenza è notevole: nel primo caso l′effetto è la conservazione di un′identità definita e riconosciuta, nel secondo caso il risultato ha a che vedere con un′identità in perenne trasformazione, che può declinare nello smarrimento e nell′estraniazione. La domanda però è infondata, la scelta non esiste o è un′illusione: l′ancoraggio alla tradizione è dovunque surclassato dalla rincorsa al cambiamento, sul modello dell′innovazione incessante propugnato dalla tecnica.
111) Il fantasma della persona amata o fortemente desiderata, che non ne vuole più sapere - proprio per questo motivo viene vissuta come un′ossessione - è una presenza mentale angosciante, spesso un tormento, del quale sembra impossibile liberarsi. Tanto più che il senso di prostrazione, in cui fa precipitare questa situazione, è purtroppo accentuato da un potente sentimento di angoscia di solitudine, vissuto come inconsolabile. Difficile distinguere se la sofferenza più profonda deriva dall′amore/desiderio non corrisposto oppure dall′effetto psicologico che esso provoca, un desolato sentirsi disperatamente soli, che sembra gettare improvvisamente una luce nuova sulla miseria della condizione umana ed esistenziale. La situazione risulta talmente insopportabile, che non si presta a un lenimento rappresentato da qualche forma di distrazione o di presa di distanza, perché il pensiero fisso del summenzionato fantasma, insieme al senso di angoscia da esso indotto, non consentono parentesi o interruzioni rispetto al loro assillare ossessivo. Nessuna via d′uscita dunque? Se una soluzione esiste, passa attraverso l′archiviazione della persona oggetto del fantasma, il lasciarla andare definitivo, la sua eliminazione psicologica irrevocabile e, con essa, la rimozione del fantasma e del senso di angoscia, attraverso un atto di volontà, la cui determinazione può essere trovata nella disperazione che esso ispira. La luce in fondo al tunnel potrebbe essere rappresentata da una riorganizzazione mentale e emotiva, finalizzata alla ricerca di una figura sostitutiva, con la quale poter rivivere quel pathos, che nella relazione precedente non veniva più corrisposto.
112) L′importanza della frase, apparentemente paradossale, di Lacan "non esiste rapporto sessuale", consiste nell′aver richiamato l′attenzione su una verità controintuitiva e di non immediata evidenza, cioè che nel rapporto sessuale il rapporto è la parte mancante. Dal momento che il rapporto, inteso come relazione tra due o più persone, include comunicazione e scambio di informazioni e di messaggi, che cosa si scambia o si comunica durante un rapporto sessuale? Secondo la prospettiva psicoanalitica il rapporto sessuale rappresenta la ricerca di un′unione capace di completare e superare la distanza che separa il soggetto dal proprio oggetto perduto. Questa però è un′illusione: l′essere umano non riuscirà mai a riappropriarsi di una pienezza (quella vissuta nel liquido amniotico), che sembra rimandare a un′esperienza mitica di assoluto soddisfacimento; da questo punto di vista il rapporto sessuale è destinato a fallire e a deludere l′attesa di ritrovamento dell′oggetto perduto. Se sul piano del godimento non esiste la possibilità di fare Uno con l′Altro, se l′Uno cioè è destinato a rimanere nella propria unicità monadica e lo scambio comunicativo è paragonabile a un′allucinazione, - sarà nella dimensione relazionale dell′amore, secondo Lacan, che la soggettività, sublimata come soggetto del desiderio, si apre all′incontro con l′alterità radicale dell′altro. Ma anche la relazione d′amore è esposta alla medesima impossibilità del rapporto sessuale: chi/che cosa ama l′innamorato se non l′immagine interiorizzata della persona amata (che ha monopolizzato la sua mente e i suoi pensieri), filtrata attraverso gli schemi emotivi e affettivi del proprio vissuto personale e condizionata anche dalle ricadute psicologiche sul proprio ego? Sarebbe umanamente concepibile un amore che ama incondizionatamente la persona amata, anche nel caso in cui questa rivolgesse altrove le proprie attenzioni sessuali e/o sentimentali? E non è forse vero che i genitori amano i figli, alla condizione che i loro atteggiamenti non si scontrino radicalmente con le modalità comportamentali accettabili da parte dei genitori stessi? É umano, troppo umano amare incondizionatamente una persona; questa è una bella favoletta che ci raccontiamo, per nascondere l′evidenza che l′amore è sempre condizionato, se non altro dagli schemi emotivi e affettivi del proprio vissuto famigliare e personale e che è imprescindibile quindi dall′effetto delle sue ricadute sul proprio ego, inteso come identità, dignità, orgoglio, integrità, autostima. Monadi cieche, senza porte né finestre, non comunicanti tra loro e sprovviste pure dell′armonia prestabilita, quell′ordine deliberato e sincronizzato dalla Monade Suprema, cioè Dio, che garantiva, secondo Leibniz, la possibilità del loro reciproco relazionarsi! Nella rilettura attuale, monadi perennemente concentrate sul proprio cellulare o sui propri devices elettronici, connesse tra loro attraverso quella versione moderna dell′ armonia prestabilita, rappresentata dalla Rete! È questo che siamo (diventati)? A questo, dunque, conduce il nostro destino di ′essere gettati′ (Geworfenheit, Heidegger) nel mondo?
113) L′essere gettati mette in evidenza una condizione esistenziale priva di certezze, di garanzie, di punti di riferimento; una situazione in cui tutto è a termine, ogni cosa è a scadenza, dai sentimenti, alle relazioni con gli altri, alla vita stessa. Questa condizione non dovrebbe ripercuotersi negativamente sul tono dell′umore, non più di situazioni spiacevoli ma inevitabili, come l′afa d′estate o il freddo intenso d′inverno. Che senso avrebbe abbattersi perché fa caldo? Molto meglio trovare rimedi per evitare di patirlo! Allo stesso modo, la condizione esistenziale che tutto è a scadenza (nella vita, la vita stessa) meriterebbe di essere accettata come un dato di fatto, cui non ci si può sottrarre, proprio perché non ci si può sottrarre! Come per le avversità meteorologiche, possiamo però esercitare la nostra libertà di scelta e di immaginazione nelle reazioni da contrapporre alla suddetta condizione. Reagire, oltre a rappresentare una modalità necessaria, insita nel nostro interagire con gli altri e col mondo, costituisce anche una caratteristica psicologica fondamentale, il cui valore spesso è più importante dell′agire. Il reagire ha innanzitutto un carattere duplice: implica sia l′accettazione che la non accettazione, a seconda delle differenti situazioni rispetto alle quali ci si confronta. Nel senso che, tanto per fare un esempio, reagire al destino inesorabile della morte passa attraverso l′accettazione della sua ineluttabilità, mentre reagire a un′ingiustizia comporta la non accettazione della medesima. Coinvolge inoltre doti di fantasia e di immaginazione, come anche di pensiero e di ragionamento. Di fronte alla considerazione che nella vita ogni cosa è a scadenza, una reazione appropriata potrebbe consistere innanzitutto nel privilegiare l′aspetto qualitativo del tempo a disposizione, piuttosto che l′aspetto quantitativo. Il che comporta, tra le altre cose, vivere nel presente anziché nel passato o nel futuro e organizzarsi mentalmente nella prospettiva che tutto è a scadenza. Nel concreto, ciò significa cercare di evitare sia di proiettare in un futuro indefinito progetti e desideri; sia anche di vincolare incondizionatamente sé stessi a persone o formazioni sociali, come se la definizione del nostro essere e del nostro equilibrio emotivo dovesse dipendere esclusivamente da fattori esterni a noi o da aspettative di là da venire. In secondo luogo, la suddetta considerazione dovrebbe impedire o almeno relativizzare l′atteggiamento, falsamente rassicurante, consistente nel credere ciecamente - e nell′investire quindi energie in modo assoluto e incondizionato - in qualcosa, in qualsiasi cosa, fosse pure in sé stessi, proprio perché ogni cosa ha una durata limitata, è destinata a perire, è appunto a termine.
114) Nessuna ricaduta depressiva riguardo alla situazione sopra descritta, solo una presa d′atto di ciò che è inevitabile, che è così e che non può essere altrimenti. Niente di più appropriato, a questo proposito, della preghiera laica ispirata al ′Manuale′ di Epitteto, già citata al punto 20: "Che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non si possono cambiare, la forza di cambiare quelle che possono essere cambiate, ma soprattutto l′intelligenza di saper distinguere le une dalle altre".
Di fronte però ad avvenimenti il cui senso sembra sfuggire irrimediabilmente, anche la saggezza stoica non offre conforto. Il riferimento è alla preoccupazione, indotta dai sempre più frequenti efferati fatti di cronaca, non tanto e non solo per la dimensione tragica che le vicende delittuose fanno emergere, quanto invece per l′assoluta mancanza di spiegazione o di motivazione ad esse connessa: omicidi, stragi senza un perché, effetti drammatici senza una causa precisa, come se il millenario modello di spiegazione causa/effetto fosse improvvisamente diventato obsoleto! Già nel punto 73 si era accennato alla perniciosa messa in discussione del paradigma aristotelico (′verum scire est scire per causas′), su cui si fonda il sapere filosofico e scientifico occidentale. Se esso viene posto in dubbio in modalità tale che la sua inconfutabilità non è più una certezza, il risultato è l′esposizione agli aspetti più intollerabili dell′esistenza: insicurezza, imprevedibilità, incertezza. La mancanza di qualsiasi tipo di spiegazione in grado di far comprendere la motivazione di delitti efferati, compiuti oltretutto con ferocia inaudita e senza un perché, produce un disperato senso di smarrimento. L′agire nella vita sociale è integralmente impostato sul criterio della prevedibilità: dal camminare per strada, al guidare l′automobile, dall′incontrare persone, al ritrovarsi in famiglia: i nostri comportamenti sono orientati in base alla previsione dei comportamenti degli altri. Se questo presupposto viene meno, se cominciano ad affermarsi sempre più spesso comportamenti imprevedibili, se la comprensibilità dei comportamenti altrui diventa ogni giorno sempre più indecifrabile, - l′ansia, la paura, lo smarrimento diventano l′orizzonte emotivo dei nostri pensieri e il nostro umore precipita inesorabilmente. In questo caso nessuna consolazione può confortare la nostra anima; non rimane che fare i conti con l′amaro destino, che ha reso il mondo in cui viviamo una ′terra desolata′.
115) L′assuefazione all′universo dell′online (Internet, i videogiochi, i vari social interattivi) ha reso difficile distinguerlo dalla realtà; sembra cioè che l′immersione sempre più profonda e prolungata nel mondo dei social media, soprattutto da parte delle giovani generazioni, stia creando effetti di straniamento, responsabili della confusione, tragica per le reazioni che può provocare, relativa al fatto che, se qualcosa è possibile online, può diventarlo anche sul piano del reale, come se il mondo virtuale abbia reso virtuale anche il mondo della vita. Venendo meno il senso della realtà, il soggetto derealizzato si confronta quasi esclusivamente col proprio mondo interiore, percepito sullo stesso piano dell′ambiente circostante. Il risultato è il venir meno del senso di responsabilità, che il confronto equilibrato con la realtà esige e l′affermarsi di comportamenti riferiti esclusivamente al proprio mondo immaginario, emotivamente condizionato dall′universo dell′online. Derealizzazione, deresponsabilizzazione, arbitrarietà dei significati e dei valori, mancanza di consapevolezza riguardo agli effetti dei propri comportamenti: è questo l′universo antropologico che l′appropriazione del mondo da parte dell′I.A. sta prefigurando? É possibile che l′esposizione permanente all′online produca a lungo andare effetti psicosociali caratterizzati da sintomi dissociativi di distacco dalla realtà, come appunto la derealizzazione e la depersonalizzazione?
116) Le domande del punto precedente adombrano l′ipotesi di una deriva patologica, che non affonda le radici nel vissuto famigliare, quanto piuttosto nell′organizzazione tecnologica della società. Deriva che provoca, anche in soggetti normali e attraverso una sintomatologia spesso nascosta, fenomeni di dissociazione psicologica e di distacco dalla realtà, evidenziati appunto da caratteristiche patologiche, quali la derealizzazione e la depersonalizzazione. La prima è un disturbo della sfera psichica, caratterizzata dalla perdita del senso della realtà (che abitualmente ognuno di noi possiede nei confronti delle persone, delle cose e del mondo esterno), in cui Il soggetto derealizzato percepisce l′ambiente circostante come irreale, sconosciuto o insolito e manifesta una sensazione soggettiva di non-appartenenza a ciò che fa o dice. La seconda riguarda un senso di estraneità e distacco rispetto alla propria identità, al proprio corpo, ai propri pensieri, sensazioni, emozioni; situazione che può favorire sia problemi nell′ambito sociale che comportamenti disfunzionali (per esempio l′abuso di sostanze stupefacenti). La persona prova sensazioni di intorpidimento fisico ed emotivo, come se si trovasse nella nebbia, o come se ci fosse un velo o una parete di vetro tra Sé e il mondo circostante. In entrambi i casi emergono alterazioni percettive e sensazioni disturbanti, tra cui un′impressione di non esistenza, di totale distacco, il sentirsi fuori dal proprio corpo, quasi in un′esperienza extracorporea o come osservarsi in un sogno o all′interno di un film. Ed ecco la chiusura del cerchio, la spiegazione alle problematiche e ai dubbi sollevati nei punti precedenti: guardarsi come all′interno di un film; totale indistinzione tra reale e immaginario; immergersi completamente nei propri pensieri, desideri ed emozioni; assecondare la loro realizzazione sul piano della realtà, come se tutto fosse possibile; inverando per magia e non attraverso la fatica del pensiero, l′asserzione hegeliana che "Ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale"!